CITAZIONE
...pensato...
- parlato -
Il clima era come sempre rigido e ostile all’uomo nelle terre di Asgard, tanto più che ormai non si considerava più così benvenuto in quella landa, anche se gli rimaneva qualche amico.
Che ci voleva fare? Gli uomini cambiano, le esperienze vissute sia nel bene che nel male mutano il carattere umano, perché arrovellarcisi tanto?
Già, in quei tempi anche la sua mente era tormentata, da miriadi di pensieri, sconnessi e collegati tra loro, il caos più assoluto regnava sia nell’inconscio sia nella parte consapevole, minando le basi sanguigne su cui finora aveva basato la sua intera esistenza.
Non riusciva più a ritrovare se stesso, non riusciva a trovare quelle motivazioni, quello zelo che fin’ora aveva impiegato in ogni missione; anche il fatto di non essere riuscito a sconfiggere Valdar, lo specter di Papillon, pur essendo al suo medesimo livello! Proprio in parità era terminato lo scontro, nessuno dei due era stato capace di prevalere e per lui un pareggio equivaleva ad una sconfitta...
Cosa gli stava succedendo?
Anche il Regno degli Inferi pareva attraversato da un male che lo stava erodendo dall’interno, una sorta di pesantezza e di oppressione che forse rifletteva il suo stato d’animo: ma dopo la fallita alleanza con Asgard, l’esilio del suo maestro Minos... Che cosa avrebbe dovuto fare? Che stava succedendo al mondo? Chi dei due stava cambiando?
Le imponenti montagne che circondavano l’aere lo stavano osservando, mentre lui si muoveva a passo lesto verso Nord, scrutando l’orizzonte, non celando minimamente la sua presenza, sia per spavalderia che per indifferenza, nessuno sarebbe stato in grado di fermarlo, pareva mosso dall’ineluttabilità delle stelle del destino.
Qualche piccolo sasso franò dalla rupe, venendo in un istante risucchiato dal vortice che si stendeva sotto di lui; le acque erano vorticose, il loro moto impetuoso era assordante, infrangeva il sacro silenzio di quelle terre, quasi a ribadire i confini di due popoli, di due civiltà nettamente differenti.
Era dinanzi all’antico passaggio per il Regno dei Mari, quello che si dice era stato usato per raggiungere e salvare Athena, imprigionata da Poseidone, molto tempo addietro, molti per timore lo evitavano, pochi difatti ne rammentavano l’ubicazione, pochi quelli cui ne importava ancora, eppure non era giunto lì tramite mappe o consumate cartine, qualcosa lo aveva attirato, una volontà più forte della sua che gli aveva silenziosamente tracciato la strada affinché non si perdesse.
Uno dei più arcani e misteriosi gorghi esistenti, forse uno dei più grandi, di certo la corrente era forte e veloce come non mai, ad avvertire quasi, ad intimorire di fronte all’entrata del Regno Sottomarino.
Eppure lui si sentiva attratto, calamitato da una forza insormontabile, da un richiamo irresistibile che lo tormentava dì e notti, ed ora quella voce in lui era divenuta più forte, un’esortazione marziale lo invitava a rompere e trame che aveva tessuto con Hades.
Una piccola rincorsa e saltò, senza preamboli e senza indugi, tuffandosi a testa in giù proprio al centro del maestoso mulinello; l’ultimo pensiero fu per Andromeda, con lei aveva condiviso il mero fato di non-morto... L’avrebbe mai più rivista compiendo quel gesto?
Sprofondò sempre di più, mentre le acque scure si richiusero senza esitazione sopra di lui.
Si rialzò un po’ dolorante dal suolo sabbioso, rimirando finalmente la città leggendaria di Atlantide, gli antichi templi e le maestose colonne, conservato dall’acqua cristallina e dal potere di un Dio, ogni pietra era rimasta tale, serbando solo per sé il suo vetusto e mitologico fascino.
Un senso di eterna quiete aleggiava nell’aere d’intorno, una sensazione di pace serena, imperturbabile, un silenzio pacato, ogni cosa inneggiava a queste sensazioni.
-
Bene... ora qualcuno saprebbe spiegarmi perché sono qui? -
Fu la sua domanda che però non ottenne che una muta risposta e una taciturnità che gli indicava di cercare altrove la replica, probabilmente all’interno della sua anima, d’altronde non era sicuro a chi appartenesse la volontà che l’aveva condotto fin lì.
S’incamminò fino a raggiungere l’imponente soglia della città, quando scorse una schiena molto conosciuta.
...Non è possibile!...
-
Valdar che ci fai qui? -
...O meglio...facciamo...se si trova qui per il mio stesso motivo...
Chiaro, conciso e diretto, almeno di quel mistero ne sarebbe venuto a capo subito, pregando che non ne nascessero altre grane.