Con il cuore che gli batte a ritmo forsennato, Shaheen si discosta come può da quei bifolchi che a dire il vero sembrano non avere più lui come obiettivo, anzi non sembrano avere più alcun tipo di obiettivo se non quello di dilaniarsi a vicenda.
Disinteressandosi completamente delle loro sorti, Shaheen raggiunge il perimetro della costruzione e nota come nei dintorni non vi sia niuna presenza umana: probabilmente, riesce a ragionare in maniera sorprendentemente fredda per il suo stato d'animo, i bifolchi sono controllati dal misterioso suonatore come delle marionette dal loro marionettista.
Il suo stesso fisico comincia a mostrare i primi segnali di cedimento: quella nenia deve cessare al più presto, pensa Shaheen, non tanto per la sua vita in sé quanto per vendicare l'ignobile morte delle sue piccole alleate che tanto alacremente avevano compiuto il loro dovere.
L'udire la provocatoria risata malefica dell'essere responsabile di tutto ciò è la goccia che fa traboccare il vaso. Shaheen, ormai in preda alla furia più cieca, adocchia una vetrata aperta che potrebbe consentirgli l'ingresso alla chiesa.
Un'idea pazza sfiora la mente del ragazzo: quella di rifare il percorso dell'andata a ritroso, sempre schivando i bifolchi in preda al più vivo furore, prendere uno dei pali serviti come supporto per l'esibizione dei quattro cadaveri e tentare di far leva con esso, con una specie di improbabile salto con l'asta, per arrivare quantomeno a sfiorare il livello della finestra. Un'idea che nessuno sano di mente avrebbe mai partortio, ma questo non è appunto il caso di Shaheen.
L'ho messa come idea per evitare l'autoconclusività