Addestramento tra le Mosche

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Alexander Corvinus
view post Posted on 26/11/2009, 21:16




Come primo post andiamo a verificare il tuo livello quindi io ti darò delle informazioni e tu da esse dovrai creare un bel post.

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Questo è il luogo in cui ti trovi. Hai ricevuto una strana missiva firmata con il sangue che ti ha condotto all'ingresso di questa caverna situata nelle vicinanze del luogo in cui vivi.

Ogni post per essere ritenuto un buon post deve comprendere:

- Descrizione del luogo
- Descrizione del personaggio
- Caratterizzazione del personaggio
- Eventuali Flashback
- Riflessioni

 
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Robert Lestrange
view post Posted on 26/11/2009, 23:28




SPOILER (click to view)
Narrato
<<-Parlato>>
<<-Pensato>>
Parlato Altrui


Può essere così fragile l’uomo? Possibile che il suo credo sia fondato da un essere che non esiste?
Da un uomo o donna che neanche li guarda, non permette loro di udire la loro voce, che non da una parola di conforto?
Come fanno ad urlare, morire, combattere in nome di un essere che li ignora? Che non sta loro vicino quando perdono qualcuno a se caro, quando credono di aver perso tutto eppure, nonostante ciò essi continuano a giurare loro fedeltà, continuano a pregare in loro nome, a chiedere benessere.
La loro mente confusa da queste false speranze, dalle favole che vengo proposte loro solo per saziare il loro desiderio di vedere tutto in bianco, per abbandonare il nero in un angolo remoto.
Nessuno di loro si è mai accorto che c’è un altra via. C’è un’altra possibile strada da seguire.
C’è una via che sta nel mezzo di tutto ciò.
Una via che non è ne bianca ne nera, una via che non costringe l’uomo a soffrire urlando la propria disperazione a qualcuno superiore a loro, di maledirlo quando qualcosa va male.
La verità era che nessuno essere doveva cedere a ciò, non doveva basare le proprie credenziali in qualcosa che non esisteva, riporre in ciò la propria speranza e vita. Non ne valeva la pena.
Non valeva la pena crogiolarsi in tutto ciò, non ne valeva veramente la pena.
Tutto ciò lo aveva imparato a sue spese, aveva compreso che tutto quello che sentiva, le chimere che sentiva erano, per l’appunto, solo chimere. Probabili storie fantastiche rifilate al popolo solo per dargli uno spiraglio di luce che in realtà, non esiste. Una probabile invenzione dell’uomo.
Lui non aveva degli ideali basati su Dei, un Dio o chissà cos’altro. Non voleva avere una fede, non voleva riporre le sue speranze in ciò.
Credeva solo nel fato, nelle occasioni, nelle possibilità ma a niente di ciò che era soprannaturale o eventuali ramificazioni di ciò.
Forse in quel fatidico giorno, qualcosa lo stava per stravolgere, stava per bloccargli la via che aveva deciso di percorrere ma solo perché era stata bloccata non significava che si sarebbe fermato.
Continuava a scrivere tra le sottili dita la lettera che da poco gli era stata recapitata.
Era seduto la, in quel vecchio salotto ormai polveroso. La poltrona in velluto rosso lo aveva accolto tante di quelle volte che aveva perso il conto però, la cosa più strana era il fatto che essa non era di sua proprietà. Nulla in quel luogo era di sua proprietà o almeno credeva. Non sapeva se quella era veramente la sua casa, se quelle mura lo avevano visto crescere, se quella casa era della sua famiglia nulla.
Gli occhi puntati su quelle parole scarlatte, vive, accese. La calligrafia chiara e ben delineata.

Recati alla grotta, il tuo destino ti aspetta.

Erano parole semplici, chiare, esplicite ma, non era ciò a stupire l’inglese ma l’inchiostro che era stato usato per scrivere quel messaggio. Avrebbe riconosciuto quel liquido ovunque, anche tra milioni sarebbe riuscito a distinguerli.
Riusciva addirittura a sentire il sapore rugginoso e freddo: sangue.
<<-Chi mai scrivere una lettera come questa con codesto liquido vitale?>>
Si domandò sapendo che non avrebbe ma sentito una risposta, mai avrebbe udito una voce che avrebbe risposto a quel quesito.
Quel luogo era completamente vuoto, neanche un anima girovagava tra quelle mura a parte lui.
Girò il foglio ingiallito notando che vi era qualcos’altro. Sembrava essere una mappa, anch’era era precisa e chiara come le parole che da poco aveva letto.
Un sorriso beffardo lo sfiorò vedendo quella famosa “X” che segnava la sua meta, una semplice lettera anch’essa viva come il sangue che gli scorreva per le vene.
Posò lo sguardo scuro sulle mani sentendo qualcosa di strano scendergli per l’indice. Era una semplice goccia di sangue. Sembrava essere indifesa, così piccina in mezzo a ciò che la circondava.
Copiosa scendeva raggiungendo il dorso della mano per poi infine cadere sul pavimento liscio.
Sussultò appena vendo che non era la sola, sotto di se c’era una pozzanghera scarlatta.
Si strinse contro i braccioli della poltrona guardandosi in torno velocemente.
Dalle mura erano iniziate a scendere lente gocce macchiandole, lasciando un’ alone che no se ne sarebbe andato.
No, non di nuovo!
Si alzò di scatto tentando di fuggire da quella stanza, tentando di scappare da quell’inferno.
Non ebbe neanche il tempo di varcare la soglia che anche la stanza accanto stava subendo lo steso mutamento. Avrebbe urlato, avrebbe maledetto qualcuno, doveva scappare.
La rabbia, la frustrazione, il dolore, tutto ciò lo stava inondando rischiando di diventare folle, di permettere alla pazzia di colpirle le zone più remote della sua mente.
I suoi occhi era confusi, sconvolti nel rivedere nuovamente quello spettacolo. Già una volta erano stati costretti a sopportare ciò, on avrebbe permesso che sarebbe successo di nuovo.
L’ampio salotto dove era ora sembrava essere colmo ormai di quel liquido grumoso, sembravano essere state create con quel materiale.
Si morse con forza il labbro guardando qualcosa che era posizionato di fronte a lui.
Era uno specchio antico, probabilmente del periodo barocco. Varie fantasie di foglie e piante erano state scolpite nella cornice in legno massiccio ma nel vetro non c’era il suo riflesso, non vedeva la sua pelle olivastra, li occhi mori ed i lunghi capelli della stessa tinta.
C’era un viso pallido, dal colore cadaverico. Gli occhi bluastri persi un espressione in un espressione vitrea, un sorriso spento era sul volto di quella bambina ma dalle labbra scendevano gocce scarlatte macchiandole il mento pallido.

-Tu mi hai lasciato la… in quelle scale… non mi hai salvata, mi hai abbandonato…-

Forse la sua mente gli stava giocano un tiro mancino? Come poteva sentire la voce di una bambina morta ormai da un anno quasi.
Il moro si strinse le mani formando due pugni, le vene sul dorso risaltarono, la rabbia scorreva tra di essere sempre spinto da tale sentimento, afferrò un oggetto qualunque che si trovava sul comodino accanto a se lasciandolo contro la sua allucinazione, contro il fantasma di quel passato.

<<-Smettila di tormentarmi!!!>>

Urlò scaraventando l’oggetto sferico che teneva tra le mani.
Non appena si scontrò contro lo specchio, un sonoro “CRACK” rimbombò per la stanza, pezzi di vetro volarono per l’area della stanza andando a scontrarsi contro muri ed il parquet.
Il cuore batteva maledettamente veloce, il corpo rimasto immobile dopo il lancio, gli occhi puntanti ancora su quell’immobile decorazione.
Sembrava che grazie a questo suo intervento, le allucinazioni erano scomparse. La stanza era tornata pulita e limpida, le pareti bianche e candide come la fredda neve invernale.
Era passato un anno ma quel capitolo della sua vita non si era ancora chiuso. Ancora la notte era perseguitato da quelle tenebrose immagini, da quei volti abbandonati e dagli sguardi spettrali.
Non poteva più stare in quel luogo, doveva scappare da quella casa forse, quella lettera lo avrebbe potuto aiutare.
Con passo svelto e felpato, si avviò verso la porta afferrando solo le chiavi nel caso un giorno gli sarebbero potuti servire.
Il luogo che era segnato sulla mappa come punto di arrivo non era distante dalla sua abitazioni anzi, era proprio vicino.
Quando uscì dall’abitazione una fredda ondata di vento lo colpì facendogli rimpiangere di aver abbandonato il giaccone in casa ma non aveva nessuna intenzione di tornare nell’abitazione.
Sbuffò iniziando ad incamminasi e nascondendo una delle mani nelle tasche dei pantaloni neri.
Quella mattina, la città sembrava essere morta, neanche un anima vi era per le strade, neanche un rumore lo accompagnava in quel cammino lasciandolo da solo, abbandonandolo come aveva già fatto la vita ma non si preoccupava di questo, ormai si era abituato a tutto ciò.
Una fastidiosa nebbia stava iniziando a scendere decidendo di andare contro i programmi dell’inglese ma lui non avrebbe demorso, non avrebbe abbandonato per così poco. Figurarsi.
Sapeva che doveva raggiungere la periferia Londinese e camminare per un paio di kilometri ma non badò a questo, la cosa che lo rendeva pensieroso era quel messaggio cos misterioso non capendo cosa volessero da lui.
Cosa poteva fare lui, che neanche si conosceva, per cloro che lo stavano cercando?
Avrebbe scoperto ciò non appena arrivato.
Svariate case di proponevano alla sua vista, giardini ben curati mettevano in risalto quelle costruzioni, giochi abbandonati per i prati gli donavano brividi e risvegliavano ricordi a lui sgraditi.

Stava camminando ormai da un’ora forse o anche più.
Aveva sentito mutare il terreno sotto le suole varie volte, la fitta nebbia ormai era scesa nascondendo il paesaggio e rendendo la sua ricerca ancora più faticosa.
Era forse arrivato ma non lo sapeva? Mancavano ancora miglia o metri?
Scosse la testa guardando per la centesima volta quel foglio e studiandolo attentamente. A suo parere gli sembrava aver raggiunto la meta ma nulla vedeva, tutta colpa di quella nebbia.
Si voltò di scatto udendo qualcosa, come rumori di passi. Strana fu la sua reazione vedendo una figura avvinarsi a lui. Sembrava essere un uomo ma la nebbia gli rendeva impossibile distinguere i connotati.
Continuava ad avvicinarsi ma era ancora impossibilitato dal riuscire a vedere il suo volto.
Un urlò gli morì in gola quando quella figura lo accostò sorpassandolo.
Non aveva una faccia, una bocca, gli occhi… nulla a parte una sottile bocca. Era solo un volto.
Sentì il cuore nuovamente iniziare a battere ancora più veloce accelerandogli la circolazione.

-Andiamo, Leonard…-

Sentì quella voce profonda accarezzargli l’udito e sgranò gli occhi capendo che proveniva proprio da quello sconosciuto.

<<-Come fai a sapere il mio nome…?>>

Domandò in vano, egli non si era degnato di rispondergli. Si era limitato a muovere la testa facendogli segno di seguirlo.
L’estraneo aveva folti capelli mori, proprio come i suoi. Il fisico sembrava essere forte e deciso,ben delineato ma non sapeva definire un età, essa gli era sconosciuta.
Doveva seguirlo? Fidarsi di quell’estraneo?
Non lo sapeva… troppi eventi stavano succedendo il quel giorno.
Fu costretto a pendere una decisione così su due piedi. Se non l’avesse seguito, lo avrebbe perso.
Sbuffò maledicendo la sua curiosità iniziando a correre inseguendo l’uomo. Era costretto a correre perché l’estraneo sembrava scivolare per i terreno ruvido, sentiva i sassolini sotto le sue suola scivolare. Probabilmente si trovava in un luogo roccioso.
Avrebbe voluto proferire parola, chiedere come faceva a conoscerlo ma non appena apriva bocca, le parole morivano sulle labbra.
Si bloccò di scatto quando la sua guida si fermò. Dosa avrebbe fatto adesso?

-Leonard, io devo andare. Sono stato felice di averti accompagnato in questo luogo, nel nostro luogo segreto ancora una volta. Ti prego, non fare cose avventate e non fare preoccupare tua madre. Buona fortuna e… rendici fieri.-

<<-Madre…?Rendervi fieri…? Aspetta!>>

Urlò vedendo un sorriso sfiorare il viso vuoto dell’estraneo per poi sparire improvvisamente.
La nebbia stava iniziando a dissolversi accompagnando quello strano essere.
La confusione più assoluta regnava nella sua testa, la paura movimentava il suo cuore ma tutto ciò scomparve per qualche secondo quando si accorse dove si trovava.
Di fronte a se c’era una parete rocciosa, grigia come il cielo plumbeo della sua città natia. Proprio in mezzo ad esso c’era n foro, poco più alto di un uomo ma ad occhio e croce, sembrava essere accessibile.
Sobbalzò quando si guardò accanto vedendo che c’era uno strapiombo.
Se non avesse seguito quell’estraneo, avrebbe potuto rischiare di cadere e finire male.
Espirò alzano lo sguardo e puntandolo nuovamente sull’apertura che aveva di fronte.
Ormai, la giornata era iniziata in maniera strana per cui, strano per strano…
Si portò le mani in tasca avanzando a grandi falcate ed entrando dentro quel luogo.
Chissà cosa lo avrebbe atteso ora…
 
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Alexander Corvinus
view post Posted on 27/11/2009, 02:58




Bene, bel post. Entri finalmente nella caverna, tutto intorno a te sembra scuro eppure i tuoi occhi una volta abituati a quell'ambiente iniziano a vedere meglio, come se essi fossero abituati a scrutare in quell'oscurità. Quel luogo man mano che avanzi ti sembra sempre più familiare, sai persino la strada giusta da scegliere che prendi senza pensarci troppo fino a condurti in un'ampia sala rocciosa da cui filtra una tenue luce da uno spiraglio in alto. All'interno della grotta cè una strana puzza, oltre alla muffa ed al guano degli abitanti di quel luogo si sente anche l'odore della morte. Senti strani scricchiolii sotto i tuoi piedi, e noti con stupore che si tratta di scheletri e cadaveri, alcuni dei quali ancora in stato di decomposizione, poi una voce arrivata alle tue orecchie tramite l'eco.

Chi osa sfidare la morte ...

Più che una domanda sembra un'affermazione. Forse qualcuno si trova in quella stanza e comunque avverti degli strani movimenti tutti intorno a te, rumori, suoni. L'ambiente sembra essere abitato.
 
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Robert Lestrange
view post Posted on 29/11/2009, 17:17




SPOILER (click to view)
Narrato
Immaginato/FlashBack/ Allucinazioni
<<-Parlato>>
<<-Pensato>>
Parlato Altrui
Voce


Gli ci vollero pochi passi per addentrarvi dentro quella caverna così oscura e misteriosa.
Subito, un pungente odore gli colpì le narici facendo in modo che un’espressione quasi disgustata, si dipingesse sul suo volto.
Vi era un forte ed orrendo odore di acre, come se ci fosse qualcosa di… di… neanche lui trovava un vocabolo per definirlo ma fatto sta, che sentiva un odore poco piacevole che avrebbe consigliato solo al suo peggior nemico.
Un fitto buio regnava in quel luogo. L’oscurità aveva preso il sopravvento uccidendo la luce, acerrima nemica ormai da secoli.
C’era qualcosa di strano in quel luogo, qualcosa di oscuro e pericoloso ma il suo cuore non riusciva a provare paura, il suo corpo non aveva intenzione di fermarsi ignorando le voci che udiva nella sua testa.
Camminava un po’ a tentoni, tastando più volte ciò che lo circondava. Le pareti erano bagnate e vischiose, una sensazione sgradevole da far sentire ai propri polpastrelli ma non aveva altro modo per orientarsi anche se, qualcosa di strano stava succedendo ancora una volta.
I suoi occhi si stavano già abituando, riuscivano quasi a vedere il terreno sotto di loro ed, inoltre, la sua mente stava vivendo qualcosa di assai strano, qualcosa che difficilmente succedeva.
Era come se… come se egli conoscesse quel luogo.
Era come se sapesse che strada dovesse prendere ma come poteva essere? Lui non si era mai recato in quel luogo.
Un improvvisa fitta gli colpi la testa, un dolore lancinante iniziò a percorrerlo:
Si portò le mani alle tempie quasi con disperazione tentando di ovattare quelle fitte, le gambe cedettero al suo peso.
Quasi si accasciò a terra sentendo quel dolore pungente, un dolore che sembrava volerlo trafiggere.
Era come tanti piccoli aculei iniziassero a pungerlo, come se tante voci gli urlassero nella testa, immagine dopo immagine vari fotogrammi si presentavo a lui mostrandogli immagine no sue, mostrandogli sorrisi che mai aveva visto.


Quell’oscurità era scomparsa, una fitta luce lo stava abbagliando. Alzò appena il braccio coprendosi la visuale con il dorso della mano.
Chinò appena lo sguardo studiando il terreno sotto di se ma questo contribuì solo ad aumentare la sua sorpresa.
Si trovava sopra una distesa immensa d’ erba, piccolo fiori si proponevano a lui mostrandosi in tutta la loro bellezza.
Una lieve brezza primaverile gli scompigliava i capelli mossi.
Nulla vi era a parte quella distesa, neanche un’anima vi era il quel luogo, neanche un suono spezzava quel silenzio era tutto… tutto fin troppo perfetto!

<<-Qualcosa non quadra…>>

Pensò l’inglese continuando a scrutarsi in torno, senza mai abbassare la guardia e continuando a tendere le orecchie.
Si portò le mani alle tempie e chiudendo velocemente gli occhi.
Cosa diavolo stava succedendo? Che la sua mente stesse facendo qualche tiro mancino?
Fino a qualche secondo fa si trovava in una grotta, fredda ed umida ed ora… ora era in un luogo completamente diverso!
Che stesse forse impazzendo? Che la sua mente dopo un anno di pura pazzia avesse deciso di abbandonarlo? Che lo avesse portato in un luogo assai differente per calmarlo? Per farlo fuggire da tanta pazzia?
No, non aveva completamente senso. Non c’era un filo logico in quello che aveva pensato.
Qualcosa gli fece tendere le orecchie, gli svegliò i sensi costringendolo a fallo tornare alla normalità.
Una risata pura e cristallina risuonava nell’aria, una voce infantile ed allegra aveva finalmente rotto quel silenzio quasi irreale.
Leonard si voltò in direzione della fonte di tale rumore ma non si sorprese scrutando un ragazzino.
Più che ragazzino era proprio un bambino. Stava correndo a perdifiato rischiando di sbattergli contro.

<<-Perchè non si ferma?>>

Si domandò l’inglese scostandosi appena di qualche passo permettendo al piccolo di correre liberamente senza far si che non andasse a sbattere contro le sue gambe.

-Leonard, non correre così.-

Istintivamente, sentendo pronunciare il suo nome, il ragazzo si voltò ed un velo di paura e stupore si dipinse sul suo volto.
Sentì il cuore battere sempre più veloce, la sorpresa coglierlo in fregante.
Un uomo forse poco più grandi lui camminava con passo lento e calmo, il viso giovane era illuminato grazie al sole gentile che gli permetteva di delinearne i connotati.
Gli occhi erano grandi, di un intenso verde, forti come una foresta e sicuri di se.
Leonard inarcò un sopracciglio pronto a fermarlo per chiederli qualcosa ma fu impossibilitato nel farlo.
Si era fermato proprio di fronte al nuovo arrivato ma quest’ultimo lo sorpassò o meglio ancora, lo attraversò:
Esattamente, gli passo in mezzo come se non ci fosse, come se fosse fatto d’aria.
Con sguardo stupito e terrorizzato il giovane iniziò a tastarsi.
Come diavole ci era riuscito?!? Come aveva fatto a passargli così, in mezzo come se nulla fossa!
Si voltò verso l’uomo controllando cosa stesse facendo. Continuava a seguire quel bambino che si era improvvisamente fermato.
Preso dalla curiosità Leonard decise di seguirli ma si bloccò nuovamente accorgendosi dove si era fermato il piccolo.
Proprio di fronte a loro vi era una grotta, l’entrata oscura e sinistra si presentava a loro.
Aveva un ari familiare come se l’avesse già vista…

-Andiamo, dobbiamo andare.-

Sobbalzò sentendo qualcosa sfiorargli la mano.
Vide le piccole dita del bambino stringesi in torno alle sue.
Ebbe timore ad alzare lo sguardo, aveva paura di conoscere un semplice verità non appena avrebbe visto il volto del bambino.
Non appena lo fece sobbalzò sgranando gli occhi.
Era… era lui…!

-Non avere timore, andiamo.-





Alzò la testa di scatto aprendo gli occhi.
Il respiro affannato, il cuore che batteva sempre più velocemente.
Tutto era sparito, svanito nel nulla.
Il prato, l’uomo… tutto, nulla era rimasto di quella sua…
Fantasia? Pazzia? Illusione?
Che cosa fosse non lo sapeva nemmeno lui.
Si portò le mani sul viso tastandosi:
Si, c’era riusciva a toccarsi.
Un sorriso amaro spinse le sue labbra rendendosi conto che stava veramente impazzando.
Cosa stesse succedendo non lo sapeva nemmeno lui, ignoto gli era il motivo di codesta illusione eppure, oggi sembravano volerlo tormentare.

-Leonard?-

Abbassò la testa di scatto sentendo quella vocina e sentì nuovamente il cuore fermarsi.
Non era come pensava lui, non era tutto svanito. Quel bambino era rimasto, quell’esserino non era scomparso.

<<-Cosa… cosa vuoi da me…?>>

Domandò allontanandosi appena:
la paura gli faceva tremare il cuore non appena lo guardava.
Era come vedersi allo specchio, quel ragazzino era come lui a parte i lineamenti infantili ed i capelli leggermente più corti ma a parte questi dettagli, era esattamente lui.
Lo vide avvicinarsi per poi prenderli nuovamente le mani tentando di tirarlo.

-Andiamo! Su! Dobbiamo andare, non ti ricordi?-

Disse con un tono di voce gentile ma al contento entusiasta e pieno di vita.
Continuava a tirarlo verso di se incitandolo ad alzarsi.
Anche se titubante, Leonard si alzò lasciando che la sua illusione lo tirasse.
No, questo non era possibile, come faceva una sua illusione a tirarlo?!?
Era illogico ed irreale!
Il terreno sotto di loro sembrava diventare scivoloso, l’odore acre che aveva sentito entrando non era scomparso anzi, più camminava e più diventava forte.
Più volte i due si trovarono di fronte ai dei bivi ma… che strada prendere? Quali delle due dovevano seguire?
Spesso aveva chiesto al suo accompagnatore ma egli gli aveva sempre risposto di andare dove sentiva.
Certo, non era una risposta soddisfacente ma provò a seguire quel suggerimento.
Era come se conosce già quelle vie, come se sapesse dove dirigersi, a quale svincolo girare.
Spesso aveva avuto del flash rivedendo gli stessi posti, magari cambiava qualcosa, un particolare o qualche sasso che prima non c’era.
Ma perché a lui? Perché ciò stava succedendo proprio a lui? Che aveva fatto per destare tutto ciò?
Sbuffò spazientito continuando a camminare con passo svelto e felpato anche se nessuno lo avrebbe comunque udito.
Non sembravano esserci forme di vite a parte qualche insetto: ragni e per lo più mosche.
Sembravano che quest’ultime ce l’avessero con lui, ovunque andasse se li trovava in torno.

-Attento, io non metterei…-

Leonard non ebbe il tempo di fermarsi che sentì qualcosa sotto i suoi piedi.
Era uno strano scricchiolio, come se fosse qualcosa di secco o giù di li.

-.. i piedi…-

Concluse la piccola guida guardando con aria quasi disgustata il pavimento.
L’adulto inarcò un sopracciglio seguendo lo sguardo del piccolo trattenendo un grido quando si accorse su che cosa si trovava.
Sotto ai loro piedi, vi erano vari teschi, scheletri interi.
Qualcuno, addirittura, sembrava essere legato da una grossa catena attaccata ai loro piedi.
Si spostò vedendo l’uomo che aveva calpestato, o meglio, l’ex-uomo:
Era una figura distesa con la pancia in più, il braccio sinistro ormai distrutto, a causa sua, era disteso in avanti e la mano tesa come se volesse afferrare qualcosa.
Iniziò a guardarsi in torno accorgendosi che tutta quell’aria era colma di questi esseri.

<<-Sembra che la morte mi perseguiti!>>

Esclamò afferrando il suo piccolo “io” ed iniziando a correre.
Non sapeva dove stava andando, prendeva le strade per istinto, come aveva fatto fino ad ora.
Con sguardo fugace si guardava in giro ma il “panorama" non mutava: Scheletri su scheletri, teschi su teschi, ossa abbandonate.
Era forse l’inferno quello? Aveva scoperto dove veniva abbandonati i corpi dei peccatori?
La morte aveva deciso di mostrargli ciò per fargli comprendere quale sarebbe stata la sua casa in futuro? Il suo corpo avrebbe fatto la stessa fine di quei peccatori?
In cuor suo sperava di no anche se sapeva che quello era il suo destino, quello era il suo posto.
Si bloccò di scatto quando una scena orrida si presentò a loro.
Le gambe gli dolevano e gli mancava l’aria ma a parte quei fattori, si sarebbe bloccato comunque.
Si trovavano in una stanza circolare, le pareti probabilmente ricoperte di muffa ma ciò che gli fece gelare il sangue fu ciò che aveva di fronte:Cadaveri.
Cadaveri ancora freschi, in decomposizione.
Sgranò gli occhi quando tra i tanti vide il volto di quella bambina, la piccola che animava i suoi incubi da 330° giorni e passa.
Fu pronto a stropicciarsi gli occhi ma si bloccò notando che la sua guida era sparita.

-Io ora devo andare, se no papà si preoccupa. Non avere timore, si forte ed affronta la morte che hai già fatto.-

L’inglese si voltò vedendo che il piccolo era dietro di lui ma… ma come aveva fato..
Allungò la mano come per volerlo fermare ma dopo pochi secondi, lui era svanito.
E adesso?
Adesso era di nuovo solo o meglio, in compagnia di defunti.
Un brivido lo percosse quando si voltò ancora tornando a scrutare quei corpi in decomposizione.
Vari vermiciattoli scorrevano per il loro corpo cibandosi delle loro carni putride.
Ma chi glielo aveva fatto fare…?

Chi osa sfidare la morte ...

Leonard tese le orecchie sentendo questa affermazione.
La mrote in persona era venuto ad accoglierlo?
Doveva forse gioire?
Dopo un anno che lo tormentava si era finalmente decisa a presentarsi?

<<-Non ti sfiderei mai, morte ma il fato ha deciso che in questo fatidico giorno io mi trovassi qua, nella tua dimora ma non è nelle mie intenzioni sfidarti. Qualcuno o forse tu stessa, hai stabilito che io mi sarei dovuto recarmi qua mandandomi un biglietto marchiato con il sangue. Per cui dimmi, se sei stata tu a mandarmi cometa lettera anonima, che cosa desideri ancora da me? Non mi hai già tormentato abbastanza?!>>
 
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Alexander Corvinus
view post Posted on 30/11/2009, 16:46




Una figura scura esce dalle tenebre mostrandosi a te ed osservandoti ancora avvolto dal buio che lo proteggeva. Nulla lascia trapelare dai suoi occhi, il timore sembra impossessarsi di te mentre l'entrata di quella stanza si chiude e ti impedisce qualsiasi via di fuga.

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L'uomo lentamente si avvicina prima a te, poi ignorandoti prosegue verso uno scranno posto ad una decina di metri dalle tue spalle.

Sono io che ti ho voluto qui, Leonard


Poi, dopo una piccola pausa e dopo essersi sistemato su quel trono prosegue imperterrito.

E' giunto il momento di divenire un
DIO

 
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4 replies since 26/11/2009, 21:16   40 views
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