Ero arrivato ormai da qualche settimana. Avevo viaggiato in lungo e in largo il mondo, ma nulla mia aveva più impressionato di Parigi.
Oh, Paris, ParisVolteggiavo come un matto fra le strade affollate della capitale. Erano anni che non mi sentivo così libero, così vivo. Avevo perso troppo tempo, avevo rinunciato a vivere, quanti bei ricordi, quante belle stagioni passate tra quelle vie.
Fischiettavo e volteggiavo, dovevo sembrare un matto agli occhi della gente, ma poco importava, l'importante in quel momento ero solo io, dovevo sgomberare la mente, liberarmi da ogni negatività.
Quanto è bella parigi in autunno ...Le foglie degli alberi caduchi danzavano insieme a me in un'infinità di duetti, le musiche dei venti tra le loro fronde che accompagnavano a suon di musica i miei passi.
Vivevo quei pochi istanti di libertà come un bimbo alla riscoperta di un gioco ormai dimenticato. Sognavo, sognavo continuamente di essere ancora vivo, di sentirmi diverso, a tratti comune. Mi mancava troppo l'essere uomo, ero stanco di servire, di fare il cavaliere, preferivo far baldoria e quale città era più magica di Parigi in quella stagione.
Sentivo l'aria frizzante, si respirava bell'epoque e Bohemien ovunque in quel magico tumulto di odori e suoni. Attraversavo come un fanciullo le ampie vie degli Champs Elysees, vestito a tutto punto come un francesino di quegli anni passati. Di certo nel mio completo non poteva mancare il baschetto scuro, la barba incolta e quello strano desiderio di non dover assolutamente apparire per quel che ero, almeno per una volta. Non ero più Nime, cavaliere d'oro ma soltanto Nime, un uomo.
Passeggiavo senza sosta, vivendo ogni attimo, per le vetrine di quegli splendidi locali. Le persone frettolose camminavano lungo le strade, i suoni di macchine, lo smog,, era tutto così vero, così vivo. A volte non si degnavano neanche di ciò che avevano attorno, ma a me questo piaceva, non ero nessuno di importante, ero soltanto uno delle masse.
Era pieno di cappelli in quelle vetrine, avevo già fatto shopping,, ma desideravo sempre avere qualcosa, dovevo comprare, spendere, ero preso dalla frenesia di dover comprare il mondo intero.
Ottima idea!!Ero estasiato da quella visione. Un tipico Cafè parigino, proprio uguale a quelli che avevo visto soltanto per cartolina. Le deliziose leccornie che vedevo dalla vetrina mi costringevano ad entrare, come mosso da una forza misteriosa, da un desiderio di assaporare ogni cosa.
Entrai aprendo la porta di legno con una piccola vetrata colorata che rappresentava un'immenso giardino dell'eden. Era strano che in una cosa così piccola l'uomo sia riuscito a trovare uno spazio su cui rappresentare l'infinito.
L'enorme bancone che mi trovai davanti mi lasciò senza parole.
Questo è il paradisoEsclamai nel più raffinato francese che riuscii a sfoggiare. Non era facile per me parlare quella lingua. Anni e anni vissuti in grecia avevano trasformato completamente il mio modo di parlare cambiandone anche l'accento. Mi avvicinai al bancone quasi immediatamente. Ero indeciso, non sapevo cosa scegliere e la cameriera continuava a fissarmi, ero alle strette, avevo affrontato parecchie decisioni nella mia vita con una sicurezza ineguagliabile, ma in quel momento ero perso, una decisione più grande di me.
Prendo quello!Cè l'avevo fatta, finalmente, avevo scelto quello che più desideravo. Un'enorme coppa gelato ricoperta di una squisita colata di cioccolato fuso. Che delizia poteva essere, persino le guarnizioni erano così fini, così precise, non vedevo l'ora di assaporala tra le mie fauci.
"Bene, forse è il caso che mi metta in disparte"Presi il vassoio, non credevo che potesse pesare così tanto, era strano non poter utilizzare il cosmo, ma in quel momento l'incognito era troppo importante. Non volevo di certo rovinare la mia vacanza. Mi diressi verso un angolo della saletta. C'erano diverse persone lungo il corridoio tra il bancone ed i tavoli ed a stento si riusciva a passare.
Camminavo urtando di qua e di la i commensali scusandomi quasi ad ogni passo. Ero quasi riuscito ad arrivare in un unico posto libero, c'era una signorina molto graziosa seduta li accanto, avrei approfittato per fare due chiacchiere con lei se fosse stata disposta, ma la fortuna non è mai stata dalla mia parte, proprio nell'istante in cui riuscì a raggiungerla, inciampai nel piede di una sedia su cui era seduto un uomo.
Vassoio e gelato volarono come mai avevo visto volare piatti di quella portata. Le lacrime mi bagnarono gli occhi guardando lo spreco che avevo causato, mentre il mio desiderio andava svanito verso gli abiti di quella graziosa ragazza, che difficilmente mi avrebbe perdonato per l'accaduto.
Caddi a terra sopra le mie braccia e rimasi li, più per il rossore che per il dolore. Ne avevo combinata un'altra delle mie, come potevo essere così idiota, come potevo essere così imbranato.
ScusateEsclamai con un filo di voce ma mettendoci tutta la commozione possibile.