Vide da lontano il suo colpo infrangersi sull’appariscente muro di farfalle dell’avversario, strinse i pugni respirando affannosamente, la stanchezza ormai l’aveva raggiunto; eppure quando stava già per considerare l’attacco nullo, intravide un indebolimento della difesa di Valdar.
Alcune Fairy stavano spiccando il volo, librandosi veloci e leggere nell’aria, lasciandosi a tergo il loro suggestivo pulviscolo dorato, che portava a paragonarle quasi a comete, libere nello spazio immenso. Spesso n’era rimasto stupito, era quantomeno singolare che gli Inferi avessero partorito sì cotanta grazia e bellezza, una gemma preziosa del mondo dei morti, cosa tra l’altro detta anche per le loro surplici.
Il duello era prossimo alla fine e lo sapevano entrambi i contendenti; il cosmo scarseggiava, le energie, disperse nei vari attacchi, stavano venendo meno, ma da ambo le parti il desiderio di vittoria non s’era placato, le difese prontamente alzate si susseguivano ai missili cosmici, creando così un moto ciclico eterno. Ma la contesa doveva avere un termine, una parola “fine” delineata abilmente sulla terra pura e semplice, che dall’origine dell’universo fu spettatrice di ogni conflitto e contrasto.
Le braccia di Valdar furono ammantate dal cosmo purpureo, contornato dalle rifulgenti farfalle, di sì incanto fatale, oltre al viola che faceva da padrone anche il rosso vermiglio del sangue, che colava dalle ferite poc’anzi inflittegli, accompagnava la scena.
Una moltitudine di raggi variopinti si dipartì dalle mani levate al cielo di Papillon, assieme ad alcune Fairy.
-
Ali dell’Arpia! - gridò. Non era la sua protezione più forte, però non poteva perdere troppo tempo concentrandosi in difesa, doveva passare all’attacco. Disegnò rapido, con arcani gesti, due ali, che, obbedendo ai suoi ordini, apparvero innanzi a lui.
Ali dell’Arpia: Con dei rapidi gesti il saint figura due ali che lo proteggono dagli attacchi più deboli.
Pensava fosse una semplice onda d’urto quello che l’avrebbe colpito, un attacco fisico, pareva essersi completamente dimenticato che le facoltà psichiche erano la specialità del suo avversario.
La potenza della radiazione parve scemare un poco, mentre oltrepassava le ali, tuttavia la forza che ancora conservava si scatenò su di lui.
L’effetto non fu immediato, ma iniziava ad accorgersi dei sottili e degli infami effetti che la tecnica portava seco; la realtà circostante pareva sdoppiarsi e capovolgersi, ogni cosa assumeva una tinta completamente assurda rispetto al solito, stava perdendo la percezione dello spazio e del tempo, il corpo rispondeva con lentezza.
Si lasciò andare, cadendo in ginocchio, quasi chino a terra. Il cervello sembrava stesse per scoppiare, persino pensando una parola, quella gli tuonava nella testa, come se qualcuno gli stesse sbraitando nell’orecchio; vedeva immagini confuse, alcune cui avrebbe ormai dovuto dimenticare, altre che non centravano niente con lo scontro, Andromeda, Le Havre, un tramonto, Atene, un bosco...
In quella confusione però alcuni verbi si dimostravano ricorrenti come “duello”, “fine”, “colpo”, “compagno”...
Che fosse l’istinto indomito alla battaglia, la voglia insormontabile di non lasciarsi sconfiggere, un barlume ancora di coscienza, una pura e cieca indole omicida, qualsiasi cosa fosse gli stava suggerendo qualcosa. Doveva scagliare ancora un attacco, forse il più naturale che avesse, però non poteva arrendersi.
Il vento, la prima cosa che aveva imparato a controllare, un’abilità innata sul controllo delle correnti, da cui poi era nata ogni cosa, quell’elemento che percepiva tanto affine, capace di insinuarsi in ogni minuscola fessura, altrettanto però sapeva trasformarsi in vigore distruttivo, quali i tornado n’eran gli esempi, ciò che sapeva plasmare semplicemente aprendo la mano.
E così fece.
La direzione del nemico era rimasta invariata al suo accasciamento, quindi guidato unicamente dall’istinto aprì la mano e generò la corrente, che aveva unicamente il compito di travolgere tutto ciò che avrebbe incontrato. Non riusciva a modellarla e a condurla con precisione sul nemico, non sapeva neanche se il suo cosmo fosse rimasto intatto dal colpo precedente, di certo gli infuse ciascuna briciola d’energia che ancora gli era concessa, quanto al risultato...
Abilità:
Aria: controllo delle correnti, che gli deriva dal mostro mitologico l’Arpia, difatti l’armatura è anche dotata di ali oscure.
Ook! Io ho seguito ciò che mai detto, anche se non ho seguito la traccia dell'attacco che diceva dell'anima... quindi mi sono affidato a ciò che m'avevi suggerito ovvero che "scombussola il cervello"
Cmq direi che siammo in dirittura d'arrivo