La Divina Commedia - The Flashback!, Quest for Lorak

"Ed ora che farai Lorak?" Gli disse una voce nella testa.

"Hai sconfinato ragazzo mio, hai superato il limite!"

E si guardò le mani sporche di sangue e cervella. Sul pavimento c'era un'intensa pozza nera di sangue che si andava rapprendendo. Il camino acceso illuminava la stanza tutta facendo riflettere il pavimento di colori ambrati, quasi fosse uno specchio magico di ossidiana nera. la verità, però, era molto meno affascinante e ben più disgustosa.

Il sangue di Helèna si andava mischiando con quello del brigante. Il petto di lei aperto da un foro di proiettile che le avvea spappolato il cuore, ancora pulsava di un fiotto rosso rubino che, cadendo sul suolo, alimentava ora un piccolo lago. Il brigante invece aveva il cranio frantumato. Lorakl aveva istintivamente afferrato il primo oggetto contundete che aveva trovato, ed il caso volle che si trattasse di un soprammobile di levigatissima pietra calcarea e bianca. Con la forza della rabbia il ragazzo aveva fracassato il cranio del malvivente che, adesso, rigurgitava a terra sangue nero.

Due fiumi di emoglobina si univano quindi in un unico fiordo. Lorak ebbe un sussulto di vomito, dettato da adrenalina, bile e odore penetrante di sangue.

"Rifletti, rifletti bene... che cazzo farai adesso?"

Quella domanda gli percuoteva la testa con la forza di un maglio.

Era stanco, doveva sedersi.

*Lorak ansimava, l’adrenalina gli scorreva a fiumi nelle vene, la bocca aperta a cercare di catturare quanta più aria possibile, aria che ora gli sembrava che mancasse in quella piccola stanza. Ai suoi piedi giaceva il corpo del brigante con il cranio aperto in due. Un conato di vomito lo assalì ma riuscì a ricacciarlo indietro. Si lasciò cadere a terra poggiando la schiena contro la parete, il pesante soprammobile che aveva usato come arma contro il bandito era ancora saldamente stretto nella sua mano lorda di sangue. Gli occhi del ragazzo erano sbarrati e vuoti, quasi non si accorse delle calde lacrime che gli scorrevano lungo le gote e che, cadendo a terra, si andavano a mischiare col sangue dei due cadaveri che ormai inondava tutto il pavimento.*

-Heléna…Heléna…Heléna…-

*Non riusciva a fare altro che piangere e invocare il nome della sua amata come fosse un mantra, non riusciva a pensare ad altro che al viso ormai esangue della ragazza che giaceva ora riversa terra, di fronte a lui col cuore spaccato in due da un proiettile. Una voce nella sua testa continuava a chiedergli cosa avrebbe fatto adesso e la cosa lo faceva stare ancora più male. Guardò per alcuni istanti l’oggetto che ancora stringeva nella destra solo per poi lanciarlo con rabbia vesro la parete dall’altra parte della stanza. Si avviò carponi verso il corpo della sua amata Heléna, voltandola delicatamente e stringendola amorevolmente tra le sue braccia ormai lorde di sangue che andava incrostandosi. Le scostò una ciocca di capelli dal volto e ripensò al dolce sorriso di lei, a tutti i momenti che avevano vissuto assieme dal giorno in cui l’aveva conosciuta fino a poche ore prima, quando le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva accettato. Ora era tutto sparito, non l’avrebbe mai più avuta con se, mai più avrebbe potuto vedere il suo sorriso, mai più avrebbe potuto sentire il delicato profumo della sua pelle sui propri vestiti.*

-Heléna…perché ti hanno portata via da me? Farei volentieri un patto col diavolo per riaverti!-

*Continuò a stringere il cadavere della ragazza per un tempo che gli parve infinito e comunque troppo breve. Lo risvegliò da quello stato quella voce che sentiva nella propria testa che continuava a chiedergli cosa avrebbe fatto.*

-Non lo so, cazzo! Non lo so cosa farò! Maledizione!-

*Urlò quelle parole con rabbia battendo al contempo ul pugno destro a terra ripetutamente, sollevando ogni volta piccoli schizzi di sangue. Il dolore per la perdita della persona amata era insopportabile, non lo lasciava ragionare chiaramente ed il tormento nel suo cuore sarebbe stato intollerabile per chiunque. Quasi senza rendersene conto si trovò a cercare sul pavimento la pistola del brigante, trovandola dopo alcuni attimi di ricerca semi nascosta sotto un mobile. La prese e la osservò per alcuni istanti con aria stravolta mentre se la rigirava tra le mani.*

-Che sia questa la soluzione per non perderti, amore mio?-

*Lo disse tra se e se, senza rendersene veramente conto. Girò l’arma in modo che la canna fosse rivolta verso il suo viso ed armò il cane della pistola e strinse la canna tra i denti. Che fosse quella la soluzione per risolvere tutto?*

"ma si!"-disse quella intollerabile voce nella sua testa- "ormai il dado è tratto! sei solo, e sei un omicida! perchè non farla finita?"

Fu un pensiero costante, che durò una manciata di minuti, ma la forza per farlo gli mancava. forse il coraggio, forse la paura, forse chissà cosa, Lorak cominciò ad ansimare, preso allo stomaco da un'ansia crescente.

L'orologio a pendolo della stanza emise il suo rintocco, risonante nell'etere come la campana di una chiesa pronta per l'ennesimo funerale.

TONK! TONK! TONK! TONK! TONK!

"fallo coglione! tira fuori le palle!"

Una nuova voce arrivò alle sue orecchie, inondandole come acqua. Fastidiosa, tediosa, eppure nota...

"premi il grilletto e finiamola qui..."

TONK! TONK! TONK! TONK!

Nove rintocchi... erano ormai le 21:00.

*Era li, seduto a terra nella penombra, coperto di sangue non suo, tenendo tra mani tremanti la pistola che aveva ucciso la su Heléna ma senza avere il coraggio di premere il grilletto.*

"Ma che faccio?"

*Continuava a sentire quella voce nella testa, così fastidiosa, così tediosa da dargli il voltastomaco, però non riusciva a zittirla. Il respiro si faceva sempre più affannoso mentre un'ansia terribile si impossessava di lui. Era teso come una corda di violino, si domandava se tutti i suicidi si sentissero così, prima di togliersi la vita. Quasi lasciò partire un colpo di pistola, a causa dello spavento, quando udì l'orologio suonare, battendo le nove di sera.*

"Perchè non ci riesco, perchè, perchè??????"

*Lacrime di rabbia e frustrazione presero a sgorgare dagli occhi del ragazzo. Armò il cane dell'arma e se la mise di nuovo in bocca. Di nuovo, però il coraggio gli veniva meno e, di nuovo, una voce si faceva sentire. Una voce anche questa così odiosa che Lorak fu quasi tentato di sparare e farla finita solo per non doverla più sentire e fu proprio quello che fece. Sull'ultimo rintocco del pendolo che segnava le 21, Lorak premeva il grilletto togliendosi la vita. Ora la morte regnava sovrana in quel luogo un tempo felice.*