CITAZIONE
Antares Shining, Silver Spectre di Lyra, energia bianca livellata a nera, post n.1
*descritto*
§parlato§
°pensato°
*L’Acheronte, il fiume del regno dei morti, scorreva rapido portando con sé un’enorme quantità di dannati che gridavano la maledizione di qualcuno o la loro stessa sofferenza. Le sue sponde erano aride e scogliose, come il tocco di quell’acqua portasse la morte ovunque intorno a sé. E, su quelle stesse sponde, era seduta una giovane. Corti capelli castani con un ciuffo lungo che le scendeva giù dall’orecchio destro e fin’oltre la spalla le incorniciavano il viso dalla pelle scura cosparso di tagli, graffi e cicatrici; segni indelebili di un lontano passato, segni che le aveva lasciato la sua terra d’origine: il caldo Brasile. Una ninos de rua, era questo che era stata. Una bambina di strada.
Non rimpiangeva l’abbandono dei suoi genitori, che le aveva permesso di crescere forte e indipendente. Non aveva odiato quegli anni passati a rubare e uccidere per poter sopravvivere. Ciò che rimpiangeva era tutti coloro che, in appena diciassette anni di vita che stavano ormai diventando diciotto, aveva perso. I suoi amici, compagni e fratelli. Quattro ragazzi che come lei erano bambini di strada, con i quali si era fatta forza, con i quali aveva scelto il nome che ora portava: Antares. Poi il suo maestro, quanto di più simile ad un padre lei avesse mai avuto. Dell’uomo il cui sperma le aveva permesso di venire al mondo non voleva parlarne, non meritava nemmeno quell’appellativo. Ma Alexander, il suo maestro, lui sì che lo meritava. Ma era morto anche lui, portato via dalla dea meschina che portava il falso nome di dea della giustizia: Athena. E soprattutto sentiva la
sua mancanza. La mancanza di colui che le aveva cambiato la vita, che le aveva fatto aprire gli occhi su una vita data dalla morte. Colui per cui il suo cuore batteva all’impazzata: Kamuro.
Fu proprio ripensando ad egli che la giovane estrasse la sua lira, il fido strumento musicale ad egli un tempo appartenuto che ora lei stringeva con forza nelle sue mani. Le sue dita scorsero le corde con forza e leggerezza insieme. Quella che si apprestava a comporre era una vecchia melodia, la prima che aveva imparato: quella che Kamuro aveva suonato al loro primo incontro.
Ma mentre le prime note di quella musica fendevano l’aria circostante la giovane notò uno strano volatile puntare verso di lei. Di forma quel volatile sembrava una fenice, una fenice infernale. La giovane ripose il suo strumento musicale e s’alzò in piedi, guardando l’arabo e mitologico animale e soffermando il suo sguardo sulla sua zampa sinistra. Un foglio arrotolato come una lettera che l’uccello di fuoco lasciò cadere per terra, per poi ardere su sé stesso e cospargere quel piccolo lembo di sponda del fiume infernale, di cenere grigia.
L’odore che portavano attorno quell’animale e quella lettera era per lei inconfondibile.*
°Kamuro!°*Pensò la giovane sentendo un tuffo al cuore. Le sue mani dal colorito scuro presero il foglio con delicatezza, quasi la giovane avesse paura che esso si dissolvesse in cenere come il mistico animale.
Col cuore che pulsava più velocemente del normale e il respiro che pareva essere diventato un rantolo ansante, la giovane dispiegò la lettera e ne lesse la frase:
Da nina de rua per amore indossò l'armatura, le cui note celan della solitudine la paura.Parole enigmatiche che si rifacevano ad un passato ormai molto lontano. A quello stesso passato cui la giovane poco prima stava pensando. Parole talmente vere che le fecero scorrere un brivido ghiacciato lungo il corpo. Era vero. Non voleva restare sola.
Scosse la testa, dandosi mentalmente della stupida. Lei che aveva sempre avuto difficoltà ad aprirsi alle persone, lei che era sempre stata sull’orlo dell’antisocialità più assoluta, aveva invece avuto sempre bisogno di sentire qualcuno al suo fianco. Non importava se era qualcuno che doveva proteggere, come i suoi amici, o qualcuno da cui si sentisse protetta, come il suo maestro o Kamuro; però di qualcuno al suo fianco aveva sempre avuto bisogno. Debolezza. Quello non era altro che un segno di debolezza.
Antares si morse impercettibilmente il labbro inferiore, le dava fastidio dichiararsi debole.
Fu mentre reclinava la testa verso il basso che notò un disegno appena abbozzato sul fondo della lettera: esso raffigurava sette pontili che si univano al centro, e al centro dello stesso centro, vi era una forma a pianta quadrata completamente nera.
La giovane non ebbe il tempo di pensarci su molto a lungo, perché una luce la avvolse, tiepida e abbagliante. Quel calore portò la giovane a chiudere gli occhi e, quando li riaprì, ella non si trovava più nel posto dov’era prima.
Il posto in cui si trovava ora era la realtà del disegno stilizzato che vi era nella lettera e lei si trovava su un pontile di pietra. A quel punto una voce riecheggiò nell’aria, vaneggiando di poteri divini e della possibilità di una persona soltanto di riavere indietro i propri cari.
La giovane guardò in basso e, fra tante persone che ella mai aveva visto, vi era
lui. Colui che era diventato il suo motivo di vita: Kamuro.
Un attimo dopo, il tempo di battere le palpebre, e delle persone non vi era più nessuna traccia, al loro posto vi era soltanto una botola riempita di carne in putrefazione.
Antares avrebbe voluto gridare alla voce di ridarle Kamuro, ma la freddezza e il calcolo ebbero ragione del suo istinto. Così, senza proferire parola alcuna, la giovane svestita della sua armatura, di modo da non emanare alcuna quantità di cosmo, suonò la sua musica per creare l’illusione che lei non vi fosse affatto. Ciò che avrebbe fatto sarebbe stato aspettare; vederli combattere tra loro davanti ai suoi occhi ed intervenire soltanto quando l’ultimo e stremato guerriero avrebbe vinto sugli altri. La battaglia tattica era appena cominciata, nel silenzio creato dalla musica dell’illusione.*
CITAZIONE
Abilità:
Musica: Antares grazie alle proprie arti musicali ed al proprio cosmo riesce a creare illusioni che vanno a soggiogare la mente avversaria facendogli avere allucinazioni, privandolo dell' uso dei sensi oppure inducendolo a compiere determinate azioni manipolando il sistema nervoso della vittima con le onde sonore.