Entrò nella taverna con calma e freddezza, deciso soltanto a non creare problemi quanto piuttosto a mangiare qualcosa che gli sanasse l’appetito. Riflettè sul fatto che, essendo costituito praticamente di solo Kosmos, aveva la fortuna di non poter ingrassare, altrimenti si sarebbe cerato ben più di un problema a dover distruggere la linea invidiabile di un corpo alla soglia delle perfezione.
Ordinò il piatto del giorno, qualunque esso fosse, accompagnato da una pinta di birra scura e tiepida, poi si andò a sedere ad un tavolo vuoto.
Era piccolo, di forma rettangolare, di un legno vecchio di acero e con la smaltatura rovinata. Era un posto per due, ma era ben felice di non avere nessuno con cui parlare perché quella sera, un po’ per voglia un po’ per lunaticità, aveva voglia di starsene per i cazzi suoi.
Gli portarono una specie di zuppa, una roba che mai avrebbe ordinato di sua spontanea volontà. Era rossastra, quasi fosse opera di una cameriera dalla gamba aperta e dal sanguinamento facile. Nella brodaglia galleggiavano pezzi di carne indefinita, forse manzo o pollo, conditi da stralci di verdure appena spilluccicate. Fu quasi tentato dal non assaggiarla nemmeno, ma poi lo stomaco gorgogliò e Nihil fu costretto a trangugiare scoprendo, contro gni previsione che non solo la zuppa era buona, ma che addirittura si faceva mangiare con piacere! Sorseggiò pertanto la sua birra con una certa soddisfazione, trangugiando la zuppa con delicata lentezza. Del resto chi gli correva dietro? Non certo la Specter che da un po’ di tempo a questa parte lo stava osservando.
Alzò gli occhi, occhi neri come la notte, privi di iridi o di qualsiasi segno di umanità. Li alzò verso la donna facendole intendere che, si, l’aveva percepita e, si sapeva che era una Specter.
Ne sentiva il tanfo infernale. E curioso che proprio grazie ad un Pub si fosse trovato a parlare d’inferno e Giudecca proprio con un’altra donna. Ma questa è un’altra storia…